sabato 1 marzo 2008

Radio digitale: rischi e opportunità…ma senza miti

Almeno in Italia, di Digital Audio Broadcasting si parla pochissimo .Le tecniche digitali stanno invadendo la TV, ma anche la radio. E tuttavia - pur essendo stato definito lo standard del DAB nel 1988 – la radiofonia digitale stenta a decollare. La mitologia del ”nuovo innovativo” si scontra così con la realtà “conservatrice” degli utenti-consumatori. Quali le cause del fenomeno ? Quali i rischi di una accelerazione infausta, non solo per gli utenti ma anche per le piccole emittenti locali? Una prima riflessione in questa direzione, con l’aiuto di Enrico Giardino, del Forum DAC.
In Italia i propagandisti più gettonati mitizzano il rapido e “rivoluzionario” passaggio dalla radiodiffusione terrestre da analogica a digitale. I nostri governanti- per apparire moderni ed assecondare gli slogan- mettono scadenze sempre troppo vicine per un simile passaggio, in realtà difficile e rischioso. Prima il Governo Berlusconi con la data del 2008, poi quello Prodi con quella del 2012. Sono realistiche ?
E’ noto che la radiodiffusione digitale da satellite è già operativa da anni, sia per la TV che per la radio (canali audio aggiunti – mediante sottoportanti - al segnale principale video). E tuttavia gli attuali ricevitori domestici sono ancora analogici , sia per la TV che per la radiofonia. E’ il decoder SAT che realizza la trasformazione finale da digitale ad analogico.
Gli attuali ricevitori radiofonici FM- fissi o portatili- sono analogici con sintonia digitale delle stazioni ; una funzione decisiva in Italia , dato il caos dell’etere nella radiofonia FM. Costano poco e forniscono una buona qualità tecnica di ascolto, fatte salve le interferenze indebite.
Perché allora un ascoltatore dovrebbe acquistare un ricevitore radiofonico tutto digitale, secondo lo standard DAB (digital audio broadcasting) , certo più costoso ? Qual’è il valore aggiunto che lo può spingere ad una simile spesa ? Inoltre- anche se sta o si muove nell’area servita dal nuovo servizio- dove può comprare ricevitori di questo nuovo tipo ?
Il passaggio dalla radiofonia AM a quella FM comportava un significativo incremento di qualità, eppure ci sono voluti decenni perché la tecnica FM si affermasse. Ancora oggi i ricevitori in commercio ricevono sia i programmi in FM che in AM. Si dovrà fare altrettanto per il passaggio FM-DAB , dotando il ricevitore di una doppia funzione ricettiva.
Per la TV digitale terrestre si stanno introducendo significativi miglioramenti della qualità offerta : 16:9, alta definizione, schermi piatti di grandi dimensioni , a prezzi non proibitivi.
Tutto ciò non riguarda la radiofonia DAB, dove il vantaggio più significativo sta nella possibilità di trasmettere su un singolo canale analogico più programmi digitali contemporanei. Un vantaggio che riguarda semmai i radiodiffusori ammessi, più che l’utente finale.
Ecco dunque le prime buone e decisive ragioni per essere cauti nel mitizzare novità prossime venture.
Per quanto ne so, in Europa è la Svizzera che ha introdotto le tecniche DAB da qualche tempo, bisognerebbe indagare per capire con quali risultati effettivi.
Ma ci sono altre ragioni che rendono – a mio avviso- ancora più lenta la trasformazione analogico-digitale. Le radio italiane più importanti e più forti economicamente, trasmettendo in FM con forti potenze e senza interferenze, realizzano un vistoso vantaggio di qualità tecnica rispetto alle radio minori.
Un vantaggio decisivo in termini di ascolto e di introiti pubblicitari. Il passaggio al digitale comporta una trasmissione più omogenea e paritaria in termini di qualità tecnica. Inoltre moltiplica per 4 volte (o più) i radiodiffusori che possono trasmettere su ogni canale FM, quindi moltiplica la “concorrenza”. Un evento – sempre invocato a parole- ma sempre bandito nella realtà dalla imprenditoria italiana. Né i governi vogliono inimicarsi i gestori più forti.
Vi sarebbe anche un problema politico di non poco conto : in Italia – a differenza di ogni altro Paese del mondo - il piano di assegnazione delle frequenze radiofoniche FM non è mai stato definito. Su queste stesse frequenze devono operare le emittenti radiofoniche DAB, per cui ne potrebbe nascere un contenzioso che il Governo non saprebbe dipanare (per la sua colpevole e voluta inerzia di questi decenni).
L’industria audiovisiva coreana- proprio per offrire agli acquirenti di ricevitori digitali un valore aggiunto “visibile” sta spingendo per un nuovo standard, DMB (digital multimedia broadcasting).
Uno standard- evoluzione del DAB- che consente la trasmissione e la ricezione di segnali e servizi aggiuntivi, associati all’audio principale. Si tratta di immagini e di dati associati all’audio, ricevibili su apparati tascabili di piccole dimensioni, dotati di un piccolo schermo video. Una tecnica che si avvicina a quella usata nelle telefonia cellulare mobile (DVB-H= handheld) o nei “palmari” (PC multimediali di piccole dimensioni , poco più grandi dei telefoni cellulari multimediali di ultima generazione).
Come si comprende da queste brevi note- che intendono suscitare un dibattito più responsabile sul passaggio analogico-digitale terrestre – i fattori da valutare sono molteplici, perciò la cautela è d’obbligo.
Ritorna anche qui il tema di fondo della pianificazione istituzionale delle innovazioni tecnologiche. Una pianificazione che – valutati tutti i fattori connessi con questa innovazione- definisca modi e tempi di introduzione dei relativi servizi, sulla base degli interessi e delle disponibilità dei cittadini –utenti.
Sono questi interessi e queste disponibilità concrete che determinano il successo di un servizio innovativo, non gli slogan dei propagandisti o i decreti-legge del governo o i sussidi governativi dei contribuenti. Una verità lapalissiana che i nostri (im)prenditori possono fingere di ignorare, perché sanno di poter contare su decreti e sussidi nonchè sugli investimenti-traino della RAI lottizzata dal governo e dai partiti.
Una RAI- che come per il digitale terrestre TV - ridiventa “pubblica e benefica”, in ossequio agli oneri di comodo che i governanti pretendono. Quegli stessi governanti che ogni giorno vogliono toglierle qualcosa : chi gli addetti, chi le reti, chi la pubblicità, chi il canone (non la sua evasione).
In questi giorni, i grandi mass-media – mentre vige una colossale evasione di canone- stanno attaccando la RAI perché esige con “arroganza” canoni ingiusti da utenti “vessati”. Come se il “canone RAI”- il più basso d’Europa ed una bazzecola rispetto ai canoni SKY e Mediaset – non fosse un tributo che lo Stato italiano fissa per decreto , cedendone gran parte alla RAI , per un motivo molto semplice : in cambio del suo limite pubblicitario, non riferito all’ascolto, ma agli interessi di… Berlusconi. Il cavaliere – presidente perderebbe miliardi de miliardi di pubblicità se questa fosse riferita agli ascolti realizzati, invece che all’arbitrio dei berlusconidi e dei suoi pseudo - antagonisti.
Noi cittadini – utenti,contribuenti e consumatori- abbiamo in primo luogo interesse ad avere programmi e servizi migliori , nei contenuti, più che nelle tecniche (peraltro equivalenti).
Abbiamo il diritto costituzionale di avere sistemi radiotelevisivi pluralistici : perciò le nuove tecnologie digitali debbono garantire che soggetti diversi - e gli stessi utenti – possano accedere alla comunicazione di massa. Abbiamo interesse che i nuovi standard - per un periodo lungo ed adeguato- coesistano con i precedenti, in modo che l’innovazione sia una scelta consapevole, non un sopruso.
Di questo si dovrebbero preoccupare i nostri governanti, nell’interesse del Paese e della stessa industria.
Se la radiofonia digitale DAB trova difficoltà nel Regno unito, dove la radiofonia locale è molto più forte e radicata, dove la pianificazione istituzionale esiste, allora dobbiamo supporre che qui in Italia il problema potrebbe essere anche più critico.
In ogni caso- in altri Paesi europei- la introduzione di un nuovo servizio è preceduta da un ampio dibattito, istituzionale e sociale, che rappresenta interessi e punti di vista diversi , ma conciliabili. Nulla di tutto questo accade in Italia, dove lobbies ristrette dirigono sempre le operazioni di lancio.

(Amisnet)